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Rifacimento della facciata. Tutti i condomini, anche quelli occupanti il piano terra, devono partecipare alle spese. Trib. di Palermo, sentenza 1 febbraio 2011.


Nel testo della pronuncia si afferma che “ secondo l’insegnamento della Suprema Corte, dal quale questo giudice non ha motivo di discostarsi” le partì comuni di un edificio formano oggetto di un compossesso pro indiviso che si esercita diversamente a seconda che le cose, gli impianti ed i servizi siano oggettivamente utili alle singole unità immobiliari, a cui sono collegati materialmente o per destinazione funzionale (come ad esempio per suolo, fondazioni, muri mastri, facciata, lastrici solari ecc. (Cass. 16496/2005)) e ancora ” la facciata di prospetto di un edificio rientra nella categoria dei muri maestri ed, al pari di questi, costituisce una delle strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile Unitariamente considerato, sicché nell’ipotesi di condominialità del fabbricato, ai sensi dell’art. 1117 c.c. ricade necessariamente tra le parti oggetto di comunione fra ì comproprietari delle diverse porzioni dello stesso, e resta destinata indifferenziatamente al servizio di tutte tali porzioni, con la conseguenza che le spese della sua manutenzione devono essere sostenute dai relativi titolari in misura proporzionale al valore delle rispettive proprietà (Cass. 945/1998 citata dagli intervenienti Af. – Ma..) Posta la natura di parte comune del prospetto, per le considerazioni che precedono, poiché il titolo non prevede diversamente, ne segue che anche i proprietari delle “botteghe” sono tenuti a concorrere alle spese di manutenzione del prospetto, deliberate dall’assemblea”.

 

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No della Cassazione al condomino apparente. Cassazione n.574 del 12 gennaio 2011 II Sezione Civile


“in caso di azione giudiziale dell’amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di  una unità immobiliare   di  proprietà esclusiva,   é   passivamente legittimato  il  vero proprietario di detta unità e  non  anche  chi possa  apparire tale, poiché difettano, nei rapporti fra condominio, che  é  un ente di gestione, ed i singoli partecipanti ad  esso,  le condizioni  per  l’operatività  del  principio  dell’apparenza   del diritto,   strumentale   essenzialmente   ad   esigenze   di   tutela dell’affidamento del terzo in buona fede, ed essendo, d’altra  parte, il   collegamento   della  legittimazione  passiva   alla   effettiva titolarità  della  proprietà  funzionale  al  rafforzamento  e   al soddisfacimento  del  credito della gestione condominiale  (Cass.  n. 1627/07; conformi, 17039/07, 22089/07 e 17619/07).
3.4.2.  –  Nella  fattispecie, la soluzione equitativa  adottata  dal giudice  di primo grado si pone in contrasto frontale con l’anzidetto principio  informatore  della materia,  che  non  puo’  dipendere  da fattori  di apparenza, per loro natura incompatibili con le  esigenze di certezza dei rapporti interni condominiali.

La Corte di Cassazione ha così  annullato il decreto ingiuntivo di euro 138,78 che era stato emesso dal Giudice di pace nell’ambito di un giudizio secondo equità (inferiore a millecento euro), contro chi si era sempre comportato come proprietario per moltissimi anni malgrado l’unità immobiliare fosse invece della moglie. Tale comportamento era stato tale – secondo il Gdp –“da giustificare la tutela dell’apparenza  del diritto  e quindi del terzo di buona fede, ossia dell’amministratore del  condominio,  il quale poteva invocare la tutela dell’affidamento incolpevole.”
La Cassazione ha invece annullato il decreto ingiuntivo in quanto ha ritenuto che l’esigenza di individuare con certezza chi é tenuto al pagamento nasca dal carattere “reale” delle obbligazioni nel condominio che prescinde dall’effettivo godimento di chi fruisce o meno dei servizi. Le Sezioni Unite con sentenza n.5035/2002 del 08.04.2002 (poi seguita dalle sentenze delle sezioni semplici n. 1627/07; 17039/07, 22089/07 e 17619/07) avevano tale principio che é dunque “informatore della materia ” e per questo il Giudice di pace non può derogarvi secondo quanto deciso dalla Corte Costituzionale con la sentenza 206/2004 del 6 luglio 2004.

Questa in sintesi la decisione della Corte:
“La ripartizione delle spese comuni contemplate dall’art. 1123 c.c.,  comma 1 grava, salvo diversa convenzione, su ciascun condomino in  base  a un criterio di realità, che come prescinde dal godimento effettivo  della  porzione  di  proprietà  particolare,  così   non considera   rilevante  che  altri,  piuttosto  che  il  proprietario, utilizzi  l’unità  immobiliare singola, fruendo  delle  cose  e  dei servizi comuni e concorrendo di fatto ai relativi oneri.
3.4.  –  Tale criterio, applicativo della più generale regola  posta dell’art.  1104  c.c., deve  ritenersi principio  informatore  della materia,   in  quanto  fondante  il carattere ambulatorio passivo dell’obbligazione di pagamento delle spese condominiali, che consente di  individuare con certezza il soggetto tenutovi anche  nell’ipotesi di  trasferimento  del bene (tant’é che cedente e  cessionario  sono obbligati in solido, in funzione di rafforzamento del credito,  entro il limite temporale di cui all’art. 63 disp. att. c.c., comma 2)..

I problemi pratici ed operativi, gli stessi subito suscitati dalla decisione delle Sezioni Unite del 2005,  rimangano rilevanti: l’amministratore dovrebbe, prima di convocare l’assemblea, effettuare la consultazione dei registri immobiliari per verificare che nessuna delle unità immobiliari sia stata venduta, donata o sia stato trasferito l’usufrutto o altro diritto reale. Ancor più necessaria la verifica prima di richiedere l’emissione del decreto ingiuntivo per recuperare le spese eventualmente non pagate da qualche condomino.

Si immagini se questa procedura dovesse essere adottata in caso di grandi condomini o supercondomini.

A conferma della rilevanza del problema il Disegno di Legge di riforma del condominio, approvato in sede referente dalla Commissione giustizia del Senato, così propone di modificare le regole in vigore:

Art. 1130. – (Attribuzioni dell’amministratore). L’amministratore, oltre a quanto previsto dall’articolo 1129 e  dalle vigenti disposizioni di legge, deve:

…. omissisis….

6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei  titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, o comprensive del codice fiscale e della residenza o  domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza.

Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore, acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili;

Non si comprende in che modo l’amministratore possa essere a conoscenza della necessità della verifica  per una qualche variazione, se non effettuando comunque le ricerche presso gli archivi dell’Agenzia del territorio.

C’é solo da sperare che l’aula del Senato vi apporti le correzioni necessarie prima dell’approvazione, ad esempio, in caso di vendita, con l’incarico  e al notaio di comunicare all’amministratore l’avvenuta trascrizione, e all’erede nel caso di successione. In ogni caso senza attribuire all’amministratore attività impossibili od onerosissime per il condominio e quindi anche per i condomini.

fonte: http://www.high-rise-condominium.com/2011/01/condominio-cassazione-574-2011.html

 

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